Non negherò che non mi sarei mai avvicinata a Il Seggio Vacante se non l’avesse scritto J.K. Rowling; e anche prima di iniziarlo i miei dubbi erano molti, dato che non è assolutamente il genere di libro che io abbia mai sentito il bisogno di leggere. Ma io faccio parte della generazione Harry Potter, e sono cresciuta venerando tutto ciò che usciva dalla penna della Rowling; per questo mi è sembrato un dovere dare a questo libro una chance, a costo di uscire dalla mia comfort zone. E posso dire di non essermi pentita di averlo fatto.Credo che la colpa più grande che sia stata attribuita a Il Seggio Vacante sia il fatto che non è Harry Potter; forse troppe persone sono partite con pregiudizi e aspettative sbagliate, e alla fine non sono riuscite a godersi questo romanzo come si meritava. E non potrebbe esserci nulla di più distante dalla famosa saga del maghetto. A volte, soprattutto all’inizio, ho avuto l’impressione che la Rowling si sforzasse un po’ troppo tentando di marcare ulteriormente le già notabilissime differenze, ma procedendo con la lettura sono stata completamente risucchiata dalla piccola cittadina di Pagford e dai suoi intrighi, e questa sensazione si è affievolita sempre di più.Non c’è molto da dire in più sulla trama che non si possa già leggere nella sinossi perché, alla fine, si tratta di un romanzo psicologico, in cui il punto focale non sono tanto le vicende, ma i personaggi: personaggi descritti così bene da risultare dolorosamente reali. Ambigui, lontani dall’essere semplici stereotipi, brutti; ognuno ha qualcosa da nascondere. Non credo che ce ne sia uno che possa essere definito positivo, ma forse è meglio così: chi ha mai conosciuto qualcuno che fosse davvero buono fino in fondo? La verità è che la società è così, almeno per la maggior parte: popolata da individui egoisti, che voltano le spalle di fronte alla sofferenza altrui, rinchiusi nel loro piccolo universo, e che se sono disposti a compiere delle buone azioni è solo per aumentare il loro prestigio sociale, e per suscitare ammirazione negli altri. E quei pochi personaggi che non fanno nulla di male in particolare e sono animati da buone intenzioni, non hanno però neanche la forza necessaria per fare del bene, e vengono inesorabilmente travolti dagli eventi. E se per gli altri si prova disprezzo, per questi si può solo sentire pietà. E’ vero che, alla fine, alcuni sembrano acquistare più consapevolezza e avviarsi verso un cambiamento, facendo intravedere un barlume di speranza, ma la conclusione è inevitabilmente amara. “Terri Weedon fu portata fuori quasi a braccia dai suoi parenti, lungo il tappeto blu, e i fedeli distolsero lo sguardo.” La Rowling scrive meravigliosamente, e ora che sono passati un po’di anni posso affermarlo con assoluta certezza; il modo in cui riesce a dare vita a luoghi e persone, descrivendoli nei minimi dettagli, ti porta ad entrare direttamente in quel mondo grigio e buio, e ti dà l’impressione di vedere la scena davanti ai tuoi occhi. Il suo stile è inconfondibile, anche se si è ovviamente evoluto in meglio nel corso del tempo.Il Seggio Vacante non è un libro che piacerà a tutti. Io stessa, durante la lettura, sono stata combattuta fra il non smettere di leggere e l’abbandonarlo per sempre, perché troppo angosciante, perché a tratti anche violento e volgare, perché sembra dirti questo è il mondo e il mondo fa schifo, e no, non sempre domani andrà meglio, e questa non è una cosa sempre facile da accettare. Ma se gliene si dà la possibilità, vi farà senza dubbio riflettere e vi lascerà molto. La Rowling sapeva che questo romanzo sarebbe stato criticato da tante persone (ricordo che ne aveva parlato in un’intervista), ma aveva una storia da raccontare, una storia brutta e molto diversa dal suo precedente lavoro, e ha deciso di correre un rischio. Per me, ha dimostrato definitivamente di essere in grado di scrivere davvero di tutto e io gliene sono grata, perché, ormai, io leggo la Rowling e sono a casa.